Il panorama underground
italiano è ricco sfaccettature e di band
di un certo calibro che cercano disperatamente di affermarsi in un contesto
abbastanza avverso.
Un ingegnere del suono, Roberto Maccagno,
ha mixato questo album che rappresenta il primo passo della band, la chiave per
sfondare?
Il lavoro si compone di
soli cinque pezzi, ognuno con una propria identità, un concept album che ci
guida tra aggressività e armonia alla ricerca di un equilibrio formale e
sonoro. La band non si risparmia ed inizia subito con Imprisoned (ShadowsPast), che inizia con un assolo di batteria
scandito da oscure note di chitarra. Lo stile è fortemente condizionato da
grandi gruppi del Progressive come Circus
Maximus e, soprattuto, Dream Theater.
La band cerca di avvicinarsi a questi canoni proponendo i classici tempi
dispari, i riff di chitarra sincopati e ricchi di ritmiche anti-convenzionali.
Il cantato risulta abbastanza potente, meno convincente nelle note basse, molto
azzeccato negli acuti. Il primo pezzo non rappresenta nulla di nuovo rispetto a
quanto sentito nei grandi gruppi, ma la tecnica c’è e anche la voglia di fare.
Struggente la parte di piano che, a mio parere, è molto azzeccata insieme ai
riff finali dal sapore vagamente orientale che aggiungono il quid necessario al
pezzo per fare un leggero salto di qualità.
Restless
Soul
inizia in controparte, con uno struggente arpeggio di chitarra con in sottofondo
oscure note. La parte Prog Rock si fa molto sentire, essendo il genere della
band a cavallo tra il rock e il metal senza mai risultare banale. Questo pezzo,
come il precedente, non ha evidenti momenti di spicco ma, positivamente, non
propone tecnicismi troppo elaborati che andrebbero a snaturare l’identità del
pezzo e la fermezza della band.
Hartless
è la terza traccia di The Key. Si
presenta come una traccia molto struggente la cui particolarità è quella di
presentare una marcia a metà pezzo. Io, da amante delle marce, non ho potuto
fare altro che osannare questo frangente del pezzo che è il momento più alto
dell’album finora. Gli ultimi due pezzi, in realtà, sono una minisuite sotto il
nome di Liberation.
Liberation
(The Reflection)
è dove la band esprime il maggiore potenziale con dei synth in
sottofondo capaci di esprimere appieno le potenzialità del gruppo. A volte
sembra di ascoltare LaBrie alla voce
in veste leggermente indebolita, ed è impressionante l’inserto delle campane
durante i riff. Il pezzo è veramente epico, coinvolgente, emozionante, anche se
fino a certi limiti. Liberation ( A New
Day) è una semi-ballad divisa in due parti: la prima, la ballad vera e
propria, è un triste esempio di come il piano debba essere suonato al meglio.
La tastiera è veramente fantastica! La seconda è, invece, il trono della
chitarra che si destreggia in un funambolico e arzigogolato assolo, un momento
veramente magico per ogni ascoltatore di prog metal.
Liberation
si conferma come una suite veramente bel riuscita, specialmente con The Reflection, il vero punto forte di The Key.
ASPETTI POSITIVI
·
Tecnica buona.
·
Presenza di momenti di forte
riflessione.
·
Ottima armonia compositiva
·
E’ Prog Metal allo stato puro, con molti
riferimenti ben fatti allo stile dei Dream
Theater.
ASPETTI NEGATIVI
·
Non molto diverso dai classici album
Prog Metal.
·
La band perde di tono in numerosi
passaggi.
·
Le prime tracce non sono molto
esaltanti.
Voto 73/100
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