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sabato 14 giugno 2014

AMAZE KNIGHT: I CAVALIERI DEL PROGRESSIVE ITALIANO



Il panorama underground  italiano è ricco sfaccettature e di band di un certo calibro che cercano disperatamente di affermarsi in un contesto abbastanza avverso.
Un ingegnere del suono, Roberto Maccagno, ha mixato questo album che rappresenta il primo passo della band, la chiave per sfondare?

Il lavoro si compone di soli cinque pezzi, ognuno con una propria identità, un concept album che ci guida tra aggressività e armonia alla ricerca di un equilibrio formale e sonoro. La band non si risparmia ed inizia subito con Imprisoned (ShadowsPast), che inizia con un assolo di batteria scandito da oscure note di chitarra. Lo stile è fortemente condizionato da grandi gruppi del Progressive come Circus Maximus e, soprattuto, Dream Theater

La band cerca di avvicinarsi a questi canoni proponendo i classici tempi dispari, i riff di chitarra sincopati e ricchi di ritmiche anti-convenzionali. Il cantato risulta abbastanza potente, meno convincente nelle note basse, molto azzeccato negli acuti. Il primo pezzo non rappresenta nulla di nuovo rispetto a quanto sentito nei grandi gruppi, ma la tecnica c’è e anche la voglia di fare. Struggente la parte di piano che, a mio parere, è molto azzeccata insieme ai riff finali dal sapore vagamente orientale che aggiungono il quid necessario al pezzo per fare un leggero salto di qualità.

Restless Soul inizia in controparte, con uno struggente arpeggio di chitarra con in sottofondo oscure note. La parte Prog Rock si fa molto sentire, essendo il genere della band a cavallo tra il rock e il metal senza mai risultare banale. Questo pezzo, come il precedente, non ha evidenti momenti di spicco ma, positivamente, non propone tecnicismi troppo elaborati che andrebbero a snaturare l’identità del pezzo e la fermezza della band.

Hartless è la terza traccia di The Key. Si presenta come una traccia molto struggente la cui particolarità è quella di presentare una marcia a metà pezzo. Io, da amante delle marce, non ho potuto fare altro che osannare questo frangente del pezzo che è il momento più alto dell’album finora. Gli ultimi due pezzi, in realtà, sono una minisuite sotto il nome di Liberation.




Liberation (The Reflection)  è dove la band esprime il maggiore potenziale con dei synth in sottofondo capaci di esprimere appieno le potenzialità del gruppo. A volte sembra di ascoltare LaBrie alla voce in veste leggermente indebolita, ed è impressionante l’inserto delle campane durante i riff. Il pezzo è veramente epico, coinvolgente, emozionante, anche se fino a certi limiti. Liberation ( A New Day) è una semi-ballad divisa in due parti: la prima, la ballad vera e propria, è un triste esempio di come il piano debba essere suonato al meglio. La tastiera è veramente fantastica! La seconda è, invece, il trono della chitarra che si destreggia in un funambolico e arzigogolato assolo, un momento veramente magico per ogni ascoltatore di prog metal.

Liberation si conferma come una suite veramente bel riuscita, specialmente con The Reflection, il vero punto forte di The Key.

ASPETTI POSITIVI
·        Tecnica buona.
·        Presenza di momenti di forte riflessione.
·        Ottima armonia compositiva
·        E’ Prog Metal allo stato puro, con molti riferimenti ben fatti allo stile dei Dream Theater.
ASPETTI NEGATIVI
·        Non molto diverso dai classici album Prog Metal.
·        La band perde di tono in numerosi passaggi.
·        Le prime tracce non sono molto esaltanti.
Voto 73/100


Continuate così, il panorama musicale è vostro se continuerete a raffinare il vostro stile!



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