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sabato 12 ottobre 2013

DI' AUL: HEAVY SLUDGE STONER METAL



I Di’Aul sono una band italiana, nata nel 2010 e dedita a suonare e comporre brani influenzati dall’hard rock e dallo sludge con testi in inglese ben miscelati a creare quella sonorità potente tipica di questi generi.
I Di’Aul sono artefici allo stesso tempo di un sound originale e caratteristico che impedisce di collocare la band in uno dei tanti filoni della musica heavy, in quanto i brani hanno in sé una matrice unica che è quella data dal luogo in cui i Di’Aul nascono. La loro base infatti è Pavia, città nota per il clima freddo e nebbioso d’inverno e paludoso d’estate. I brani conoscono così sia la velocità come la lentezza di riff volutamente pesanti. Le forti reminescenze degli anni ‘90 e le sonorità grezze rimandano comunque a band quali: Pantera, Down, Black Label Society, Electric Wizard, Gov’t Mule.


And then came the Monsters è l'album di cui ci occuperemo oggi. Analizzando il disco brano per brano notiamo subito un certo gusto per la teatralità e l’impatto emotivo, visti i suoni d’introduzione del brano Saint Vitus. Il brano ci accoglie con atmosfere tipiche delle band d’influenza, ma le sfumature della voce sono decisamente più cattive, come le distorsioni risultano più cupe. Dead Love si presenta più tendente ad un hard rock melodico e incalzante, Damnation, invece si preoccupa di accontentare le nostre orecchie vogliose di heavy attraverso chitarre stridenti e doppi pedali. L’assolo che viene fuori al minuto 2:14 è tipico del genere e perfettamente coinvolto nell’identità della band. Altrettanto riusciti gli altri brani, che riescono a fondere più influenze conservando una certa coerenza e linearità. L’intro di Embrace The Swamp riesce a tirar fuori un’atmosfera unica densa di southern.


Il genere proposto dai Di’Aul incarna il compromesso tra pesante e melodico, senza esagerare con il primo, tantomeno sfociare goffamente nel secondo. Il sound è il punto di forza, forte e sicuro, compatto. D’effetto anche End Time, sabbatthiana, ma dalla linea melodica alternative. Uno dei brani migliori, perché profondo, visto che concilia passato e presente e crea una suspence niente male.
Da amante dei Black Label Society non posso non notare con immenso piacere la somiglianza presente in alcuni brani. Le influenze fanno parte di noi, spesso costituiscono un processo inconscio che regola il nostro bagaglio musicale, soprattutto quando scriviamo. Un genere così particolare costituisce una difficoltà in termini di originalità decisamente maggiore. Scrivere brani propri in chiave heavy metal intriso di stoner e sludge è davvero difficile senza passare per i grandi classici. Complimenti ai Di’Aul, e in bocca al lupo per il futuro!




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