I Di’Aul sono una band italiana, nata
nel 2010 e dedita a suonare e comporre brani influenzati dall’hard rock e dallo
sludge con testi in inglese ben miscelati a creare quella sonorità potente tipica
di questi generi.
I Di’Aul sono artefici allo stesso
tempo di un sound originale e caratteristico che impedisce di collocare la band
in uno dei tanti filoni della musica heavy, in quanto i brani hanno in sé una
matrice unica che è quella data dal luogo in cui i Di’Aul nascono. La loro base infatti è Pavia, città nota per il
clima freddo e nebbioso d’inverno e paludoso d’estate. I
brani conoscono così sia la velocità come la lentezza di riff volutamente
pesanti. Le forti reminescenze degli anni ‘90 e le sonorità grezze rimandano
comunque a band quali: Pantera, Down, Black Label Society, Electric
Wizard, Gov’t Mule.
And then came the Monsters è l'album di cui ci occuperemo oggi. Analizzando il disco brano per brano notiamo subito un certo gusto per la
teatralità e l’impatto emotivo, visti i suoni d’introduzione del brano Saint Vitus. Il brano ci accoglie con
atmosfere tipiche delle band d’influenza, ma le sfumature della voce sono
decisamente più cattive, come le distorsioni risultano più cupe. Dead Love si presenta più tendente ad un
hard rock melodico e incalzante, Damnation,
invece si preoccupa di accontentare le nostre orecchie vogliose di heavy attraverso
chitarre stridenti e doppi pedali. L’assolo che viene fuori al minuto 2:14 è
tipico del genere e perfettamente coinvolto nell’identità della band. Altrettanto
riusciti gli altri brani, che riescono a fondere più influenze conservando una
certa coerenza e linearità. L’intro di Embrace
The Swamp riesce a tirar fuori un’atmosfera unica densa di southern.
Il
genere proposto dai Di’Aul incarna il
compromesso tra pesante e melodico, senza esagerare con il primo, tantomeno
sfociare goffamente nel secondo. Il sound è il punto di forza, forte e sicuro,
compatto. D’effetto anche End Time,
sabbatthiana, ma dalla linea melodica alternative. Uno dei brani migliori, perché
profondo, visto che concilia passato e presente e crea una suspence niente
male.
Da
amante dei Black Label Society non
posso non notare con immenso piacere la somiglianza presente in alcuni brani. Le
influenze fanno parte di noi, spesso costituiscono un processo inconscio che
regola il nostro bagaglio musicale, soprattutto quando scriviamo. Un genere
così particolare costituisce una difficoltà in termini di originalità decisamente
maggiore. Scrivere brani propri in chiave heavy metal intriso di stoner e
sludge è davvero difficile senza passare per i grandi classici. Complimenti ai Di’Aul, e in bocca al lupo per il
futuro!
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